ovvero umano, troppo umano
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La storia di pezzo di legno, un oggetto privo di qualità singolari, titolare di un destino misto e drammatico, fatalmente mosso ad una trasformazione in burattino, prelude alla nascita di Pinocchio e segna l’itinerario di una fiaba dove i personaggi che lo incontrano sembrano conoscerlo da sempre. Personaggi che come Pinocchio e il pezzo di legno si abitano a vicenda, che lo aiutano a perdersi nella lotta con la sua condizione iniziale e a ritrovarsi nel suo sogno di trasmutazione in umano; troppo umano.
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C’era una volta…un Re…No!…
C’era una volta un pezzo di legno…
Qual catastrofico inizio, quanto laconico ed aspro…
A scrutare tra gli interstizi di queste sette parole, si scopre subito una favola nella favola, qualcosa che è prossimo al cuore di ogni possibile favola. Per ora, però, il favoleggiatore ci avverte che al posto del Re c’è un ” semplice pezzo di legno da catasta”… Che il suo “esserci” sia immotivato, lo dimostrano le assai vaghe notizie che ne abbiamo: non risulta acquistato, né trovato, né portato da alcuno; è lì; e tanto basta. E questo accade nel “c’era una volta…”. Se vediamo da vicino questo pezzo di legno, in queste poche prime righe scopriamo che è titolare di un destino misto e drammatico. Viene definito legno da mettere nelle stufe, da buttare nel fuoco, ma insieme un altro destino lo aspetta: mastro Ciliegia vuol farne una “gamba da tavolino”. Una destinazione e un destino, o forse due destini paralleli: quel legno è materia che chiama la distruzione e la cenere, e insieme vuole diventare e trasformarsi. Che un legno vada da un falegname ha certamente un suo significato. C’è da chiedersi però perchè mai quel pezzo di legno sia andato nella bottega di maestro Ciliegia. La regola fondamentale resta quello di “non vedere” quello che accade. Diciamo il vero, nessuno esce da una selva materna, il bosco, per diventare gamba di tavolino, anche se per un legno da ardere, questa possa sembrare una carriera di concetto. Eppure la scelta del pezzo di legno pare di singolare importanza. A questo punto sta vivendo il conflitto tra destinazione e destino: ma per non essere strumento passivo del secondo, deve cominciare con la “scelta sbagliata”. Mastro Ciliegia è il vecchio falegname dal naso a punta “come una ciliegia matura”. Uomo d’ordine, metodico, di tollerabile fortuna – possiede bottega, ascia, pialla – socialmente collocato, maestro Ciliegia, ha questo di singolare, di esser privo di qualità singolari. E’ lecito il dubbio che, nel “c’era una volta” costui sia un meteco, un immigrato. Di Mastro Ciliegia sappiamo che è un solitario, che parla da solo, che è dedito a bevute solinghe e bizzose, che non pare ignaro di allucinazioni e fraintendimenti, tutti a fin d’ordine e di bene. Ma la regola fondamentale resta quella di “non vedere” ciò che accade. Il pezzo di legno subitamente apparso nella sua bottega non gli pone nessun interrogativo. Non si chiede perchè mai quel pezzo di legno sia finito nella sua bottega, perchè mai uscire da una selva materna per diventare gamba di un tavolino. Mastro Ciliegia diventa allora un umile, insostituibile attrezzo della favola; e come tale è giusto che sia alla periferia del “c’era una volta”.
(estratti da “Pinocchio: un libro parallelo” di Giorgio Manganelli)
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