poetica

logo cieco1“…se facciamo un teatro non è per rappresentare lavori, ma per riuscire a fare in modo che quanto c’è di oscuro nello spirito, di occultato, di irrilevato, si manifesti in una specie di proiezione materiale reale…”
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Il teatro come luogo dove l’invisibile si rende visibile,
l’attore come colui nel quale questa trasformazione si realizza:
su questa pista abbiamo seguito Artaud.
Non è un attore.
E’ un attore.
E’ un non-attore.
Mimesi nel “desiderio interiore” l’attore dà corpo alla storia invisibile,
si fa immagine dei propri sentimenti.
Il corpo tra-scrive, docile.
Spettacolo dell’anima.
Ai confini della parola.
Le parole comunicano immagini e non il testo.
Sparito è lo sfrenato abbandono, al di là di ogni “realtà” e “verosimiglianza”,
e queste immagini, disciplinate e rigorosamente elaborate,
l’attore descrive” usando le parole del testo”
cioè malgrado e attraverso le parole che pronuncia.
Recitare a nessuno, come i pazzi appunto.
Gelosamente custodire-esibire-nascondere i propri gesti.
Smontare la frase, la parola stessa; disorganizzare la sintassi.
Organizzare invece la fonetica strumentazione corporale.
Espropriare la dizione dal palcoscenico del teatro del già sentito-mai visto-digerito.
Disse o non disse tutto ciò?
O lo disse e poi fu dimenticato a se stesso nell’orecchio.
Ridare al mercato dell’arte drammatica la scempiaggine della finzione di prima mano.
Ne possiamo fare a meno.
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logo cieco1appunti per una poetica del tragico frecciaDxG

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