antigone symparanekromenoi

Sì, io Antigone, la mendicante di un re cieco, mi scopro ribelle alla mia patria
definitivamente ribelle, alle sue leggi virili, alle sue guerre imbecilli,
al suo culto orgoglioso della morte.
(Henry Bauchau, Antigone)
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RUOTAANTIGONEDa quando Sofocle consacrò un dramma memorabile alla storia dell’eroina che, fedele al nomos àgraphos (cioè “alla legge non scritta”, donde trae alimento la pietas per i congiunti), non esita a sacrificarsi per onorare la spoglia del fratello (infrangendo così il divieto del nomos graptòs, la “legge scritta”, spietata con i nemici della patria), letterati, artisti, musicisti, filosofi non hanno cessato di ammirare e di reinterpretare quella che a Hegel parve “la tragedia sublime per eccellenza e, sotto ogni punto di vista, l’opera d’arte più perfetta che lo spirito umano abbia mai prodotto”. I fatti si svolgono a Tebe, dove il tiranno Creonte ha dato ordine di non dare sepoltura a Polinice, morto combattendo contro la città. A questa disposizione si opporrà Antigone che darà sepoltura al fratello in ottemperanza alle leggi divine della pietà. Antigone pagherà con la morte la sua opposizione al tiranno. Il suo coraggio, il suo “appellarsi al cielo”, come dirà Locke in seguito, non conducono ad esiti politici poiché le vicende umane sono interpretate pessimisticamente all’interno di una visione storica priva di senso e di una qualche finalità. Antigone muore per essersi opposta alle leggi degli uomini, mentre il tiranno cadrà vittima di sventure per aver fatto adirare gli dèi con la sua azione malvagia. Alla fine della tragedia lo stesso Creonte, carnefice e vittima allo stesso tempo, si troverà di fronte al giudizio dei posteri, allo “sguardo inquisitore di assisi di pietra e testimoni, di bocche chiuse dove il silenzio sta maturando un giudizio”. Accetta l’accusa e la punizione ma difende strenuamente la ragion di Stato quale prova di legittima innocenza, e l’ordine costituito come “indizio” di una responsabilità collettiva.
Di cui assume la dolorosa rappresentazione.
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Symparanekromenoi

POLINICEUn’espressione dell’Epistola agli Ebrei e una citazione del Dialogo dei Morti di Luciano combinano una parola artefatta e lievemente sgrammaticata, che una possibile traduzione renderebbe “fratelli nella morte e compagni nella sepoltura.” La vita nella morte. Una contraddizione tra diverse realtà. Un diritto che Antigone si assume e difende; che fa di lei una fuorilegge, un essere fuori dall’ordine del mondo, una pericolosa ragazza in antitesi con l’autorità selettiva rappresentata dallo stato-Creonte. Che reagisce opponendo la legge all’azione individuale. E alla stessa aggiunge la punizione, quando non coincide con la norma razionale. La sostanza etica che in Antigone si esprime in una “vuota formalità” si scontra con il fine realizzato nel regno, con il dovere di adesione ad un programma politico, diventa un atto di disobbedienza civile. Alla realtà esistente, alla logica comune. Ma anche il tramite che ricollega l’essenza della legge divina al mondo sotterraneo.

portantigoneLA STORIA

Antigone, figlia di Edipo e di Giocasta, ritorna a Tebe.
Suo zio Creonte, fratello della madre governa la città.
Ma ha promesso ai figli di Edipo, Eteocle e Polinice
fratelli di Antigone, l’avvicendamento al trono
di due anni in due anni, per ciascuno di loro.
Eteocle non rispetta i patti, e Polinice
alleandosi con gli Argivi, dichiara guerra a Tebe.
Nello scontro finale, i due fratelli muoiono.
Creonte emana un editto che bandisce
la sepoltura per i traditori della patria.
Antigone invece tenta di seppellire Polinice
ma scoperta dalle guardie viene condannata
da Creonte alla sepoltura da viva.
Ismene, sorella di Antigone cerca di salvarla invano.
Il figlio di Creonte, Emone, al quale Antigone
era promessa in sposa, si oppone alla volontà del padre
che non desiste dal suo intento di punizione
fino a quando Tiresia, il veggente cieco, profetizza
un imminente sciagura nella sua famiglia.
Creonte tentenna, e giunto alla caverna di Antigone
con l’intento di liberarla vi trova il figlio Emone
abbracciato al corpo ormai senza vita della figlia di Edipo.
Emone tenta di ucciderlo, ma non riuscendo, uccide se stesso.
Euridice moglie di Creonte, alla perdita del suo secondo figlio
si toglierà la vita.
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